Dalla mappa al GIS – Programma

Coming soon…

Prima sessioneSeconda sessioneTerza sessioneQuarta sessione

Mercoledì 21 maggio 2014
Sala del Consiglio del Dipartimento di Studi Umanistici

10,30 – I SESSIONE
Coordina CLAUDIO CERRETI

Elena Dai Prà, Davide Allegri – Università di Trento
[su_spoiler title=”L’occhio indiscreto del nemico. Spionaggio francese sulla frontiera tirolese alla vigilia
della Grande Guerra” icon=”caret” style=”simple”]L’attività di spionaggio in campo militare è una pratica attestata da diversi secoli e la presenza di informatori, spie e doppiogiochisti era ramificata ed attiva. Nell’imminenza della Grande Guerra e durante il suo svolgimento questa pratica si strutturò e divenne imprescindibile per gli stati maggiori delle nazioni europee. Anche un esercito di solida tradizione e ben organizzato come quello francese disponeva di un efficiente ufficio informazioni, utilizzato per tenere sotto controllo le mosse degli altri Stati. La cosa forse meno conosciuta è che queste attività non si esercitavano solo relativamente alle aree di frontiera della Francia, ma si estendevano anche in contesti più distanti. Questo è il caso della documentazione che presentiamo, non ancora studiata a fondo, ma sicuramente interessante. A partire dal 1810, quando il Trentino entra a far parte dell’orbita napoleonica per alcuni anni, lo spionaggio francese, in particolare il personale distaccato presso il Depot de Fortifications dell’Armée de Terre, venne inviato in Tirolo a seguire e documentare la realizzazione delle fortezze austro-ungariche. Ne nacquero una serie dettagliatissima di reconnaissances e memoires sia sulle cinture fortificate realizzate ai confini con l’Italia, che sulle potenti piazzeforti tirolesi come Trento, Riva del Garda e Franzenfeste-Fortezza. I resoconti, che univano rappresentazioni descrittive ad apparati cartografici dettagliatissimi, prospetti, schizzi e persino fotografie, fornivano un quadro dettagliato e analitico sui piani strategici dell’Impero asburgico. La “curiosità” francese non si limitò peraltro alle realizzazioni della Duplice Monarchia, ma venne rivolta anche alla nazione “amica” italiana, in particolare su alcune fortezze realizzate al confine con il Tirolo. Ciò che colpisce di questo materiale è la pervasività ed il dettaglio con cui i servizi segreti francesi seppero cartografare e analizzare le fortezze austriache e italiane, a testimonianza che i servizi informativi europei all’epoca erano in grado di scavalcare agevolmente i confini nazionali ed operare all’estero per controllare l’evoluzione fortificatoria degli stati nemici. [/su_spoiler]

Matteo Proto – Università di Bologna
[su_spoiler title=”Lo spartiacque alpino e il confine della Nazione: le basi geografiche e cartografiche
della Grande Guerra” icon=”caret” style=”simple”]Tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo i geografi italiani modellarono una potente immagine dell’unità nazionale, fondata su categorie spaziali e mediata dalla rappresentazione cartografica. In riferimento alla tradizione delle inchieste statistiche che si erano consolidate nel corso del XIX secolo questi concetti spaziali erano esplicitati, innanzitutto, con l’intento di calcolare la superficie dell’Italia e – in generale – con l’idea di dipingere una rappresentazione scientifica e neutrale del rapporto uomo ambiente. Un esempio significativo è il concetto di confine geografico sviluppato da Giovanni e Olinto Marinelli al fine di situare il limite della nazione lungo lo spartiacque alpino. A questa definizione si allacciò l’idea di Regione integrale, per mezzo della quale O. Marinelli fondava in Italia la riflessione geografica regionale, legata presto anche al proposito di stabilire il dominio su un preciso territorio, in accordo con le istanze dei movimenti nazionalisti. Queste idee furono poi promosse intensamente nella società – alla vigilia e durante la Prima Guerra Mondiale – dal ruolo mediatico di istituzioni geografiche quali il TCI o l’Istituto De Agostini. Il concetto di confine geografico, infine, giocò un ruolo significativo per le pretese italiane alla conferenza di pace di Parigi, come pure servì, più tardi, a giustificare le politiche imperialiste del fascismo. Con riferimento ai concetti epistemologici e alle analisi più generali, elaborati in anni recente (ad es. da Stuart Elden, Jeppe Strandsbjerg, Michael Heffernan e Thongchai Winichakul) e partendo dall’analisi delle opere geografiche e cartografiche (ad es., oltre ai citati Marinelli i lavori di Cesare Battisti, Ettore Tolomei, Achille Dardano), questa presentazione mira a discutere i concetti elaborati dai geografi italiani in riferimento al processo di nation building nel contesto del grande conflitto europeo.[/su_spoiler]

Carlo A. Gemignani, Luisa Rossi, Valentina De Santi – Università di Parma; Università di Genova – EHESS, Paris
[su_spoiler title=”Intorno al 1914-1918. Le frontiere italiane viste dalla Francia” icon=”caret” style=”simple”]Presso l’Archivio del Service Historique de la Défense di Vincennes a Parigi è conservato un fondo dedicato alla descrizione delle fortificazioni erette lungo il confine alpino e le coste tirreniche e adriatiche d’Italia. Il fondo si è formato nell’arco cronologico che va dal 1891 al 1923 e costituisce l’esito di diverse operazioni di intelligence compiute dai francesi. Il grosso della documentazione risale al periodo immediatamente antecedente alla Grande Guerra, epoca in cui Italia e Francia si trovano su posizioni geopolitiche diverse: l’una legata agli Imperi Centrali dal patto militare della Triplice Alleanza (1882-1915), l’altra unita a Russia e Gran Bretagna da rapporti di reciproca difesa poi sfociati nella Triplice Intesa (1907). La documentazione (descrizioni d’insieme, relazioni tecniche, schizzi delle fortificazioni, carte, fotografie riguardanti confini e siti strategici dell’intera penisola), inedita, risulta particolarmente interessante nell’ottica di un Atlante della Grande Guerra perché rende conto di una geografia degli assetti territoriali militari e, dal punto di vista dei beni culturali, di manufatti almeno in parte giunti fino a noi che costituiscono oggi un patrimonio memoriale e storico di grande rilievo. L’intervento a tre voci si propone di presentare la documentazione nel suo insieme e in particolare quella inerente a Frontiere del Nord, Valle dell’Adige, Tirolo e alle aree costiere liguri – suggerendo al contempo una sua possibile collocazione all’interno dell’Atlante.[/su_spoiler]

Laura Cassi – Università di Firenze
[su_spoiler title=”La geografia fiorentina negli anni della Grande Guerra” icon=”caret” style=”simple”] [/su_spoiler]

Luciano Gallinari – ISEM-CNR
[su_spoiler title=”L’immagine della Grande Guerra nella pubblicistica italo-argentina” icon=”caret” style=”simple”]L’immagine della Grande Guerra nei giornali italo-argentini (La Patria degli Italiani, Il Giornale d’Italia, tra gli altri ), con particolare riferimento al periodo iniziale e a quello finale del conflitto. L’analisi verrebbe condotta in parallelo anche nei giornali argentini dell’epoca (la Nacion, La Prensa) e ciò si rivela interessante perché, a partire dal decennio che va dalla guerra di Libia alla fine della I Guerra Mondiale, l’Italia si afferma come “potenza” bellica e coloniale. E tale cambiamento di status del nostro Paese ha riflessi nelle condizioni delle colonie di italiani residenti nel mondo e, nel caso specifico del contributo, in America Latina e Argentina.[/su_spoiler]

Mariarosa Rossitto – Sapienza, Università di Roma
[su_spoiler title=”«Il Piccolissimo» (1917-1919): educazione, assistenza civile e propaganda nelle pagine di un «giornalino di guerra»” icon=”caret” style=”simple”]«L’Italia è conformata in guisa che è abbastanza facile poter dire, chilometro più o meno: qui è l’Italia, là non è più l’Italia», si legge nel primo numero del «Piccolissimo» (1917-1919), giornale di propaganda, in cui il tema dei confini – «gli ingiusti confini spezzati dall’esercito» – e la descrizione dei luoghi in cui si svolge il conflitto e delle terre irredente avranno largo spazio. Nata per iniziativa del Comitato Laziale dell’Unione generale degli insegnanti italiani per la guerra nazionale, la rivista ha tra i propri collaboratori Giovanni Cena, Duilio Cambellotti e Carla Cadorna ed è diretta dallo storico Pietro Fedele, che negli anni Venti sarà ministro dell’Istruzione. «Il Piccolissimo» è rivolto ai fanciulli delle campagne laziali e alle loro famiglie (raggiungerà poi un pubblico più vasto): assume quindi esplicitamente come destinatario anche il mondo adulto, quel «popolo bambino» di cui l’élite culturale si pone a guida. «Il Piccolissimo» coniuga esigenze educative e indottrinamento patriottico: spiega «le sacrosante ragioni» della guerra in corso, anche attraverso favole dallo spessore metaforico sempre disvelato («Il Lupo è la Germania»), racconta l’eroismo dei soldati italiani, invita a sopportare i sacrifici necessari per la vittoria e, soprattutto, richiama ciascuno al proprio dovere. Accanto al ragazzino audace che si unisce ai soldati (personaggio d’impronta deamicisiana che trova larghissima rappresentazione nella narrativa di propaganda), il giornaletto propone, infatti, ai lettori un altro modello di eroe: il giovanissimo contadino che, mentre il padre è al fronte, sa prendersi cura della terra. I solchi dell’aratro tracciati dai ragazzi italiani, dalla Sicilia al Veneto, nell’articolo che apre il secondo numero si collegano idealmente ad altri solchi più larghi e fondi, le trincee. Si propone un contributo sulla rivista, che rappresenta un’esperienza minore ma estremamente significativa nel panorama della propaganda rivolta all’infanzia. [/su_spoiler]

[su_divider text=”Top”]

Mercoledì 21 maggio 2014
Sala del Consiglio del Dipartimento di Studi Umanistici

15,00 – II SESSIONE
Coordina ANNA GUARDUCCI

Monica Ronchini – Fondazione Museo storico del Trentino
[su_spoiler title=”Dal Trentino a Pechino: itinerari e incontri forzati nelle pieghe di un conflitto davvero mondiale” icon=”caret” style=”simple”]Fra le questioni aperte dalle vicende belliche, il viaggio e l’incontro fra gruppi culturali differenti, avvenuto parallelamente ai combattimenti, è forse un tema ancora poco esplorato, benché si possa considerare, soprattutto per le popolazioni impegnate sul fronte italiano, molto presente nell’esperienza della guerra, nella diaristica e nella memoria tramandata nelle famiglie coinvolte. Si tratta di un fenomeno generato dalla mobilitazione massiccia di soldati italiani trentini, bellunesi, friulani (circa 55.000 persone per il solo Trentino), arruolati nell’esercito austriaco, portati a combattere sul fronte della Galizia e da lì abbandonati alle vicende della rivoluzione russa in un peregrinare che li portò fino in Cina. Visti da una prospettiva antropologica, si trattò di processi di interazione culturale, di scontro o ridefinizione di rappresentazioni identitarie stereotipiche sia dei luoghi che delle culture incontrate. Questi militari, spesso lasciati a se stessi in territori sconosciuti, entrarono a contatto con abitudini alimentari, modelli familiari, espressioni della religiosità e della soggettività, pratiche colturali diverse, restituendo immagini dirette, giudizi efficaci, che cementarono una geografia sotterranea, in un certo senso alternativa alle rappresentazioni ufficiali e diffusa da lì in poi solo in una memoria popolare flebile, complice l’oblio in cui la vicenda fu tenuta dalla pubblicistica nazionale sulla guerra. Fonti di studio sono la numerosissima documentazione diaristica conservata presso la Fondazione Museo Storico del Trentino a Trento presso l’Archivio della scrittura popolare, messa a confronto con la letteratura antropologica dei processi di interazione culturale. In questo senso si intende mostrare la valenza davvero mondiale del conflitto, che significò, sia una effettiva ed estesissima diaspora delle popolazioni, sia per molti l’evento forzato dell’estensione geografica dell’esperienza soggettiva possibile. [/su_spoiler]

Michele Castelnovi – Centro Studi Martino Martini di Trento
[su_spoiler title=”Luoghi e tempi della Grande Guerra: una gamma di opportunità per gli studi storico geografici” icon=”caret” style=”simple”]È prevedibile che l’approssimarsi delle ricorrenze dell’inizio della Grande Guerra possa innescare una “moda”, se non un “diluvio”, di pubblicazioni più o meno scientifiche sulla storia e sulla geografia di quel periodo. Allo scopo di contribuire al dibattito che ci sarà sia all’interno della comunità scientifica, sia all’esterno nel gurgite vasto della divulgazione più o meno seria, con questo breve intervento si intende proporre una minima riflessione sulla gamma di opportunità che la Grande Guerra offre agli studi storico-geografici all’attenzione dei partecipanti al Seminario (professori e studenti) quali potenziali autori di ricerche individuali, o forse anche come potenziali membri di una futura iniziativa di ricerca collettiva. Seguendo la tradizione del CISGE fin dal 1992, infatti, le tematiche che si possono affrontare possono essere riassunte in quattro sezioni: Geografia storica, non solamente nel senso più tradizionale di individuare i luoghi delle battaglie (trincee, bunker, ossarii) ma anche nel senso molto più ampio di riconoscere i luoghi del cambiamento: ad esempio, le fabbriche e gli uffici amministrativi diventati improvvisamente luogo del lavoro femminile nelle città e nelle campagne. Oppure osservando gli effetti della guerra lontano dal fronte: in Libia, in AOI, a Rodi, in Cina (e nella Russia di Lenin). Storia della cartografia, per l’incredibile mole di atlanti carte geografiche realizzate da pubblico e privato per la domanda di informazione sugli alleati e sull’andamento del conflitto (sia nei giornali, sia nell’editoria scolastica: il “sussidiario”) superando la già enorme produzione ispirata dalle colonie ottocentesche. Storia della geografia, sia per l’effetto-bolla (mai come in quel momento valeva il famoso “la géographie sert d’abord à faire la guerre”) sia per l’impatto che la guerra ebbe sulla formazione e la biografia di geografi come Almagià o Marinelli, e sul rapporto tra geografi, potere politico e editoria. Storia delle esplorazioni ma soprattutto delle relazioni di viaggio, considerando nel senso più ampio non solo Hemingway, ma anche Jahier e Emilio Lussu. La relazione sarà corredata da una selezione di indicazioni bibliografiche, sia come fonti da poter approfondire, sia come esempio da seguire (sia a livello di saggio di sintesi, sia a livello di approfondimento individuale). [/su_spoiler]

Simonetta Conti – Seconda Università di Napoli
[su_spoiler title=”Cartografia, meteorologia e guerra” icon=”caret” style=”simple”]La prima guerra mondiale è stata considerata anche la guerra della montagna, non solo per il fronte italiano ma anche per gli altri fronti internazionali. Proprio la caratteristica del fronte italo-austriaco ha fatto sì che molte delle operazioni di guerra, sia da parte italiana che da quella austriaca siano state condizionate dal clima e dalle precipitazioni, soprattutto nevose. L’ufficio meteorologico italiano contribuì allo sforzo bellico redigendo mese per mese, anno per anno, delle carte climatiche che, inviate allo Stato Maggiore, influenzavano le operazioni. Le carte, conservate in archivio a Roma, non sono mai state adoperate per studi di tipo geostorico.[/su_spoiler]

Simone Bozzato, Pierluigi Magistri, Patrizia Pampana, Michele Pigliucci – Università di Roma Tor Vergata; Società Geografica Italiana
[su_spoiler title=”Gli itinerari della Grande Guerra” icon=”caret” style=”simple”]Il tema degli itinerari storico-culturali è uno degli argomenti di maggiore attualità, sui quali getta le fondamenta quel processo di costruzione di una comune identità tanto caro all’Europa. L’occasione del centenario dello scoppio della Grande Guerra è motivo di riflessione, non solo su che cosa abbia rappresentato il processo bellico nell’assetto territoriale e geopolitico dell’Europa di allora (ed in particolare dell’Italia), ma anche su quale lascito abbia trasmesso alle generazioni attuali. A partire dalla rilettura delle fonti documentarie, bibliografiche e cartografiche conservate presso gli Archivi della Società Geografica Italiana, l’intento è quello di mettere in evidenza come quel patrimonio storico-culturale, materiale e immateriale, retaggio di un processo storico assai articolato, possa essere declinato oggi nei termini di un’offerta turistica, che risponda a quelle istanze identitarie che provengono proprio dall’Europa. [/su_spoiler]

Roberto Reali, Alessandro Ricci – CNR; Università di Roma Tor Vergata
[su_spoiler title=”Cartografi e matematici: le nuove modalità nell’uso dell’artiglieria nel primo conflitto mondiale” icon=”caret” style=”simple”] Il primo conflitto mondiale fu caratterizzato, tra gli altri, anche dai nuovi usi strategici dell’artiglieria. Il fronte italiano, particolarmente contraddistinto dalla presenza dei rilievi montuosi, contribuì a determinare una revisione profonda dell’utilizzo di quest’arma, non previsto e non prevedibile sino a quel momento. L’artiglieria da fortezza e quella da campagna, che occupava il proprio spazio su azioni in pianura, furono completamente trasformate per affrontare la guerra su un fronte nuovo e assai differente rispetto al passato. Alla soluzione di quest’operazione furono fondamentali i matematici, che in pochissimo tempo ridisegnarono tutte le tabelle di tiro per rendere efficienti i lanci di artiglieria in tali nuovi scenari. Quest’operazione permise di ricostruire un nuovo disegno cartografico dei territori teatri delle operazioni belliche, che può essere desunto dalla documentazione prodotta dai matematici stessi. L’incontro tra topografi e matematici permise così, nei primissimi mesi del conflitto, di avviare in maniera corretta tutta la strategia militare. Il contributo tende quindi a sottolineare il rapporto che si instaurò tra scienza cartografica, matematica e i nuovi sviluppi nella conduzione dei conflitti in età contemporanea che si determinarono proprio a partire dalle prime fasi della guerra.[/su_spoiler]

Manlio Piva, Daniele Agostini – Università di Padova
[su_spoiler title=”“Geolocalizziamo la Grande Guerra”: una sperimentazione didattica nelle scuole” icon=”caret” style=”simple”]
Non la guerra DI trincea ma la guerra DALLA trincea, con questa ottica si sta sperimentando in alcune scuole del veneto, vicine ai teatri di guerra del fronte italiano, un metodo di ricostruzione storica “dal basso” dei luoghi della Grande Guerra a partire da documenti storici e da foto e filmati girati sulle retrovie (in collaborazione con la Cineteca del Friuli). Gli studenti coinvolti, coadiuvati da formatori specializzati e da storici locali, si recano sui luoghi, condividono e selezionano documenti di varia natura e infine costruiscono una mappa georeferenziata utilizzando Neatline. Ogni scuola partecipa con le proprie competenze, fine ultimo è quello di realizzare un percorso turistico-culturale sui luoghi della Grande Guerra. La sperimentazione è stata presentata con successo alle conferenze di Europeana (Berlino, Parigi). Le classi coinvolte sono 6 i percorsi che si stanno concludendo sono quelli della Battaglia del Solstizio (Nervesa, TV) e di Monte Palon/Pallone (Possagno, TV).[/su_spoiler]

Pier Vittorio Buffa, Nicola Maranesi – Gruppo editoriale “L’Espresso”; Archivio Diaristico Nazionale
[su_spoiler title=”Un’iniziativa del Gruppo Espresso e dell’Archivio diaristico nazionale di Pieve Santo Stefano. Viaggio in trincea con i diari dei soldati” icon=”caret” style=”simple”]
Sono state selezionate centinaia di estratti di diari, memorie ed epistolari depositati all’archivio che parlano della Prima guerra mondiale. Racconti dai campi di battaglia e dalle retrovie catalogati per temi ed eventi bellici, collocati in una mappa nel luogo preciso in cui i fatti si svolgono. Tutto questo sarà consultabile dai siti dei giornali locali del gruppo Espresso e dal sito dello stesso Espresso. [pvb]
Nell’ambito della ricerca per la realizzazione del progetto Grande Guerra sono emerse difficoltà peculiari dovute all’utilizzo di documenti autobiografici. Per contestualizzare gli eventi e geolocalizzare gli episodi, i curatori si sono confrontati con una “toponomastica di guerra” filtrata e distorta dai dialetti, dagli errori grammaticali, dalla traduzione e trasformazione dei nomi nei passaggi da italiano e sloveno, dai riferimenti a luoghi e infrastrutture militari che non avevano una precisa collocazione sul territorio in periodo di pace, ma che hanno assunto una rilevanza notevole in quello bellico. I problemi incontrati e le soluzioni proposte. [nm][/su_spoiler]

Maura Medri – Università Roma Tre
[su_spoiler title=”Archeologia della Grande Guerra: metodi e ricerche recenti” icon=”caret” style=”simple”]
L’archeologia delle due Guerre Mondiali, e in particolare del primo conflitto 1914-1918 è un settore di studi estremamente innovativo. La necessità, in primo luogo a fini di tutela, di portare lo sguardo su epoche tanto recenti da mantenere ancora aperto il dialogo tra generazioni, offre l’occasione di rimeditare e di ridefinire il ruolo dell’archeologia, nel punto critico della cerniera tra macro e micro storia. Questa breve nota si propone di delineare il percorso fatto fino a oggi, dalle prime esperienze nate nel Regno Unito, sino alle più recenti in Francia e in Italia, per arrivare a focalizzare meglio la specificità e l’apporto del metodo archeologico a confronto con la storia militare convenzionale.[/su_spoiler]

[su_divider text=”Top”]

Giovedì 22 maggio 2014
Sala del Consiglio del Dipartimento di Studi Umanistici

9,30 – III SESSIONE
Coordina PAOLA PRESSENDA

Massimo Rossi – Fondazione Benetton Studi Ricerche
[su_spoiler title=”Geografi e paesaggi geografici nell’Italia in guerra” icon=”caret” style=”simple”]
L’intervento, suddiviso in due parti, cercherà di indagare alcuni temi prendendo spunto dall’”Atlante della nostra guerra” del 1916 di Dardano e De Magistris. I confini naturali, politici, la toponomastica come “rivendicazione” territoriale ed etnica nella costruzione dell’idea di nazione. La redazione dei prontuari diretti da Ettore Tolomei, l’invenzione dell’Alto Adige, la normalizzazione onomastica del 1923 ancora oggi in vigore, il ruolo della Società Geografica Italiana. Nella seconda parte, intitolata “La Grande Guerra vista dagli altri”, si confronteranno materiali cartografici e aerofotografici elaborati dallo Stato Maggiore austriaco sul fronte del Piave nel 1918, con analoghi materiali elaborati dallo Stato Maggiore italiano. Si rifletterà particolarmente sui segni convenzionali utilizzati, le pratiche della ricognizione aerea e il rapido aggiornamento cartografico delle posizioni. L’approfondimento prevede anche l’attraversamento di importanti opere letterarie in grado di restituire il comune punto di vista sull’assurdità del conflitto.[/su_spoiler]

Leonardo Rombai – Università di Firenze
[su_spoiler title=”La Grande Guerra e la geografia italiana coeva” icon=”caret” style=”simple”]
Il lavoro si basa – oltre che sulla specifica letteratura di storia della geografia – essenzialmente sugli scritti contenuti nelle due riviste geografiche nazionali (“Bollettino della Società Geografica Italiana” e “Rivista Geografica Italiana”) e sulle recensioni e notizie bibliografiche ivi pubblicate con riferimento ad altre pubblicazioni geografiche o di interesse geografico per gli anni 1914-1920. Tali scritti sono stati articolati in opere generali sul conflitto (motivazioni e prospettive), sui confini naturali e culturali dell’Italia, sulle regioni irredente (Trentino e Alto Adige, Venezia Giulia con l’Istria, Dalmazia), sulla geopolitica applicata all’area adriatica-balcanica, sui trattati di pace e sull’Italia da quelli ingrandita.
Vengono anche e preliminarmente considerati i caratteri integrali della geografia e dell’antropogeografia “di casa nostra” che si definisce alla fine del XIX secolo, con il ruolo fondativo di Giovanni Marinelli e con il contributo arrecato nei primi anni del XX secolo dal figlio Olinto Marinelli; i rapporti fra la geografia e il potere politico, con le posizione di sostanziale sostegno assunte dalle due società geografiche nazionali e dalle rispettive riviste nei riguardi dell’irredentismo e della guerra, delle rivendicazioni dei territori appartenenti alla regione naturale italiana e della questione adriatica-balcanica, e con la messa a fuoco delle posizioni sugli stessi temi e problemi dei pochi studiosi di formazione democratica e socialista (soprattutto Carlo Maranelli e Cesare Battisti). [/su_spoiler]

Nicola Labanca – Università di Siena
[su_spoiler title=”Le geografie degli storici. Rileggendo alcuni classici” icon=”caret” style=”simple”] [/su_spoiler]

Luisa Carbone, Antonio Ciaschi – IBAF-CNR; Università della Tuscia
[su_spoiler title=”La Grande Guerra vista dall’alto” icon=”caret” style=”simple”]Il contributo, in collaborazione con il Museo Storico dell’Aeronautica, intende ripercorrere e ricostruire nel tempo, attraverso il confronto delle tecniche di allora (la fotografia come strumento strategico) e delle tecnologie di oggi (GIS, TELERILEVAMENTO), la storia dei luoghi, delle città, dei paesaggi, ripresi dalle campagne di ricognizione dell’aviazione militare durante la Grande Guerra. L’obiettivo dell’intervento è tentare di approfondire la conoscenza del contesto geografico, paesaggistico, ambientale e storico oggetto delle ricognizioni fotografiche conservate presso il Museo al fine di stimolare la discussione riguardo futuri modelli e possibilità applicative del sistema di georeferenziazione in ambito GIS Based per l’elaborazione di un Cultural Landscape dedicato alla Prima Guerra Mondiale.[/su_spoiler]

Paolo Plini, Anna Villari, Luigi Cailotto – CNR; Presidenza del Consiglio dei Ministri; Associazione Nazionale Alpini
[su_spoiler title=”Un GIS sui luoghi della Grande Guerra” icon=”caret” style=”simple”]La ricostruzione dinamica di eventi storici tramite tecnologie di gestione dell’informazione geografica, rappresenta una chiave di lettura alternativa per la comprensione di quanto riportato sulle carte e nei testi. Nel caso del primo conflitto mondiale la memoria è indissolubilmente legata a luoghi simbolo come Pasubio, Grappa, Montello, Caporetto. Se però si aumenta il dettaglio, ci si rende conto di quanto la conoscenza sui siti interessati dalla Grande Guerra sia scarsa e spesso racchiusa all’interno di confini regionali e provinciali. A questo si aggiunga la oggettiva difficoltà a identificate l’esatta posizione di siti a volte scomparsi anche dalla cartografia ufficiale più recente. Alcune località hanno cambiato nome, altre hanno subito una variazione, di alcune opere non restano che i ruderi quando non solo il nome, ci sono località i cui nomi italiani sono stati affiancati o sostituiti a seguito della variazione dei confini nazionali, e così via.
Per colmare tale lacuna la Struttura di Missione per la commemorazione del Centenario della prima guerra mondiale della Presidenza del Consiglio dei Ministri, Il Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) e l’Associazione Nazionale Alpini (ANA) stanno stipulando un accordo congiunto avente come obiettivo la creazione di un Sistema Informativo Geografico (GIS) per l’identificazione, archiviazione, gestione e disseminazione delle informazioni geografiche sui siti coinvolti dalla Prima Guerra Mondiale. Il lavoro verrà realizzato dal CNR che ha già realizzato l’infrastruttura tecnologica e iniziato l’archiviazione dei siti; l’ANA metterà a disposizione il suo Centro Studi e le proprie competenze interne; i risultati verranno poi messi a disposizione e gestiti dalla struttura per il centenario mentre il CNR curerà la disseminazione tramite applicazioni webGIS. Verranno inoltre mantenuti i contatti istituzionali con alcuni Organismi della Difesa (Onorcaduti, Uffici Storici delle varie Armi, Istituto Geografico Militare).[/su_spoiler]

Alessandro Cecili, Giancarlo Della Ventura – Università Roma Tre
[su_spoiler title=”Ripercorrere i sentieri della Grande Guerra in modalità Street View. Le fortificazioni di Monte Ragogna” icon=”caret” style=”simple”] [/su_spoiler]

Mauricio Nicolas Vergara – Università di Padova
[su_spoiler title=”Geografia militare della Grande Guerra: alcuni casi di studio sul fronte dolomitico” icon=”caret” style=”simple”]Sono presentati alcuni casi di studio relativi al fronte dolomitico durante la Prima Guerra Mondiale. Sono stati adottati diversi approcci metodologici che hanno in comune l’utilizzo dei Sistemi Informativi Geografici applicati alle geoscienze militari. Gli studi affrontati hanno interessato i seguenti ambiti tematici e territoriali:
– relazione tra caratteri geomorfologici ed eventi bellici dei passi dolomitici sul fronte della Quarta Armata; in particolare sono stati posti in evidenza i condizionamenti delle geomorfologia sulla disposizione dei sistemi difensivi e sulle strategie di attacco, individuando i fattori del rilievo che hanno condizionato l’esito delle azioni belliche;
– la “Morte bianca” in alta montagna: i casi della Val Sassovecchio e dell’Alta Val Fiscalina; le valanghe, che hanno causato migliaia di vittime in alta quota, rappresentarono una continua minaccia all’incolumità dei soldati di entrambi gli schieramenti;
– lo studio esplorativo, attraverso la metodologia della Cost Analysis, volto a sondare la problematica della determinazione del confine in area Trentina dal punto di vista militare;
– elaborazioni di carte tematiche attraverso GIS per la rappresentazione di aspetti geografico militari relativi alla “campagna del Cadore”. [/su_spoiler]

[su_divider text=”Top”]

Giovedì 22 maggio 2014
Sala del Consiglio del Dipartimento di Studi Umanistici

15,00 – IV SESSIONE
Coordina NICOLA LABANCA

Sergio Zilli – Università di Trieste
[su_spoiler title=”Dal fronte Carso/Isonzo all’Est del Nordest: le modifiche del paesaggio nell’odierno Friuli Venezia Giulia a seguito della Grande Guerra” icon=”caret” style=”simple”]Il territorio della Regione Friuli Venezia Giulia contiene uno dei due fronti presenti in Italia durante la prima guerra mondiale. Le battaglie che si svolsero sul Carso e lungo l’Isonzo fra l’estate del 1915 e l’autunno del 1917 provocarono diverse centinaia di migliaia di morti e una quantità doppia di invalidi, ma si concentrarono lungo una striscia di terra relativamente sottile, al cui interno le distruzioni furono ampie. Al contempo le due retrovie si estesero ampiamente, interessando vasti spazi sia all’interno del regno d’Italia sia della corona asburgica, condizionando la società, l’economia e il territorio locali. L’influenza delle vicende belliche, però, fu però pesante sul territorio sia prima dell’entrata in guerra dell’Italia, tra il 1914 e il 1915, in ragione delle particolari relazioni transfrontaliere, sia dopo il crollo del fronte successivo alla rotta di Caporetto, nel lungo anno tra l’ottobre 1917 e il novembre 1918, con la conseguente occupazione del Friuli da parte degli eserciti austroungarico e tedesco, sia dopo la conclusione della guerra. Questi spazi sono oggi compresi nell’odierno Friuli Venezia Giulia, le cui vicende nel corso del Novecento sono dipese dagli effetti del conflitto. Il contributo al seminario vuole discutere come, al di là della guerra guerreggiata, il quinquennio 1914-1918 abbia creato le condizioni per lo stravolgimento della società e del paesaggio dell’area oggi compresa nello Stato italiano posta a Est del Nordest.[/su_spoiler]

Anna Guarducci – Università di Siena
[su_spoiler title=”La cartografia della Grande Guerra nell’Archivio di Stato e nella Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze” icon=”caret” style=”simple”]Il presente lavoro si basa essenzialmente sull’analisi di tre raccolte di cartografie, quasi esclusivamente – con qualche prodotto inglese e francese – di produzione austriaca e italiana, strettamente correlate alla Grande Guerra, costruite dagli enti cartografici nazionali (Istituto Geografico Militare italiano e Militargeographisches Institut imperiale) oppure anche dai servizi topografici delle armate e dello stato maggiore, e conservate a Firenze: rispettivamente nell’Archivio di Stato, nella Biblioteca Nazionale Centrale e nella Biblioteca di Geografia dell’Università di Firenze.
Si è fatto ovvio riferimento anche alla specifica produzione dell’Istituto Geografico Militare negli anni del conflitto (Carta d’Italia e altre rappresentazioni speciali), alle poche altre figure di provenienza esterna conservate nella Biblioteca dell’IGM, nonché alla produzione tematica privata di matrice sia scientifica e sia divulgativa, edita per motivi commerciali e anche per sostenere la politica degli irredentisti. Questa ultima categoria è risultata rilevante quantitativamente e qualitativamente, perché edita negli anni del conflitto e dopo la sua conclusione per soddisfare un’ampia domanda di pubblico riguardo a contenuti di grande attualità in Italia, quali i confini naturali ed etnico-linguistici, le battaglie e la guerra di posizione, e finalmente il muovo assetto politico scaturito dai trattati di pace di Saint Germain (1919) e di Rapallo (1920).[/su_spoiler]

Luisa Spagnoli, Nadia Fusco – ISEM-CNR; Università di Roma Tor Vergata
[su_spoiler title=”La rappresentazione geografica della Grande Guerra: il caso dei Balcani” icon=”caret” style=”simple”]La rappresentazione dei fatti e degli eventi riguardanti il primo conflitto mondiale è un argomento ampiamente noto e affrontato in un ricca e variegata letteratura, al confine tra diversi ambiti disciplinari, che può introdurci nella più ampia questione della propaganda e della sua efficacia. Grande è stata certamente l’attenzione, da parte non solo della politica, ma anche dell’opinione pubblica, nei confronti dei territori contesi. Non di poco conto, a tale riguardo, l’interesse mostrato dalla Società Geografica Italiana e dalla prospettiva geografica di cui si farà promotrice. Si è trattato di realizzare un vero e proprio progetto fondato sulla costruzione ideologica di una geografia segnata da un importante impegno civile: la sua è stata interpretata come una missione che doveva consistere nell’“educare” e nel sostenere culturalmente gli individui. E, soprattutto, la geografia perché capace di stabilire i limiti naturali, i confini, le condizioni che l’ambiente pone e, al tempo stesso, impone all’uomo. A partire da tali considerazioni, non si poté non riconoscere ai fattori geografico-fisici un peso rilevante nella determinazione dei limiti territoriali. Queste le principali considerazioni per approfondire il ruolo della geografia italiana e del Sodalizio nell’ambito della costruzione di un progetto volto al sostegno delle ragioni della Grande Guerra. Sicuramente quella dell’Ente è stata un’attenzione vivace, favorendo studi, incontri, dibattiti e adoperandosi con ogni mezzo – pubblicazioni e conferenze – a sostenere l’impegno degli italiani in guerra. Un ulteriore sguardo sarà dedicato alla ricostruzione dell’immagine che dei territori di rivendicazione italiana, quali l’Albania e la Dalmazia, offriva la letteratura e la pubblicistica dell’epoca, corredate il più delle volte da un considerevole apparato fotografico. L’esito, anche in questo caso propagandistico, è consistito in una rappresentazione di paesaggi i cui iconemi, in alcuni casi, hanno espresso connotati di forte italianità.[/su_spoiler]

Edoardo Boria – Sapienza, Università di Roma
[su_spoiler title=”La cartografia come strumento di comunicazione politica. 1914-1918: la guerra nelle carte geografiche, la guerra con le carte geografiche” icon=”caret” style=”simple”]Negli anni della prima guerra mondiale la produzione cartografica in Italia fu particolarmente abbondante, grazie in particolare alla frenetica attività di alcune case editrici e di alcune associazioni, quale l’“Unione Generale degli Insegnanti”, sorte spontaneamente per condurre attività a favore della causa interventista. La cartografia risultava un idoneo strumento di promozione di quella specifica posizione politica in quanto sfruttava il fatto che quella guerra esaltava due caratteri dello Stato moderno ben espressi attraverso le carte: 1) lo Stato è un soggetto politico territoriale (e durante una guerra si combatte per acquisire o non perdere territori) 2) lo Stato si fonda sull’esistenza della nazione, che possiede un preciso radicamento geografico (il principio per il quale si combatte è la difesa della nazione). Il “Sacro suolo” fu dunque un simbolo della retorica di propaganda con la sua mistica della guerra e la carta geografica ne permetteva la figurativizzazione. Anche se la carta geografica è per sua stessa natura rivestita di significati politici, è solo in quegli anni che essa assunse per la prima volta una dimensione autenticamente pubblica prendendo parte a quel fenomeno di politicizzazione dei cittadini che è tuttora il principale tratto distintivo della vita politica delle società contemporanee. L’intervento intende dunque esplorarne l’uso che se ne fece come strumento di comunicazione politica, le sue logiche e le sue implicazioni. Inoltre, esaminare la produzione cartografica degli anni della prima guerra mondiale permette di mettere in luce indirettamente quello straordinario fenomeno della modernità attraverso il quale gli Stati moderni produssero artificialmente quelle invenzioni culturali che sono le identità nazionale.[/su_spoiler]

Astrid Pellicano – Seconda Università di Napoli
[su_spoiler title=”La Prima Guerra Mondiale tra satira e caricatura nella cartografia 1870-1914″ icon=”caret” style=”simple”]Tra la fine dell’Ottocento e la prima Guerra mondiale, importanti cartografi e giornalisti si sono cimentati nella produzione di carte geografiche satirico-umoristiche; carte realizzate e raccontate anche a mezzo stampa (illustrata) per descrivere le situazioni conflittuali di vasta portata che hanno coinvolto le grandi potenze dell’epoca all’alba del conflitto. Carte e mappe che ad inizio ‘900 si trasformano in “serio-comiche” politicizzate (mappa Octopus di Fred W. Rose) quale strumento di manipolazione di massa e propaganda visiva, perché accessibili ad ogni sorta di pubblico. Il contributo che intendo presentare vuole essere un’occasione per approfondire l’evolversi di un periodo storico importante analizzando i documenti che cristallizzano gli stereotipi nazionali attraverso simboli (il soldato prussiano, il Grande Orso russo) ancora oggi attuali e raccontano gli sviluppi politico internazionali del periodo che precede la prima guerra.[/su_spoiler]

Lucia Morganti, Valentina White, Carla Masetti – Restauratrici e storiche dell’Arte; Università Roma Tre
[su_spoiler title=”Storie e geografie della Grande Guerra. I dipinti murali di Oppo e Santagata alla Casa Madre dei Mutilati e Invalidi di Guerra a Roma” icon=”caret” style=”simple”]Tra 1936 e 1938 le vittorie della I Guerra Mondiale vengono illustrate a Roma da A. G. Santagata e C. E. Oppo nei 500 mq di pittura murale che decorano i due porticati della corte interna della Casa Madre dei Mutilati e Invalidi di Guerra. Le battaglie di Vittorio Veneto, del Piave, della Bainsizza e di Gorizia vengono raccontate attraverso scene di vita vissuta in trincea e una rassegna dei corpi d’armata sullo sfondo di dettagliate carte geografiche che illustrano i luoghi delle battaglie e i percorsi bellici. Il ciclo, unico in tutta Italia per contenuto ed estensione, non solo rappresenta uno degli ultimi esempi compiuti di pittura a buon fresco, arte italiana per eccellenza. Dalle rappresentazioni cartografiche, al repertorio toponomastico, dalla storia del costume alla strategia militare, infatti è patrimonio di rilevanza nazionale, che deve essere tutelato e tramandato. [/su_spoiler]

Sandro Flaim, Valentina Barbacovi, Pietro Dalprà – Soprintendenza per i beni architettonici ed archeologici – Provincia autonoma di Trento
[su_spoiler title=”Progetto Grande Guerra: recupero, catalogazione, censimento e valorizzazione dei beni della Prima Guerra Mondiale” icon=”caret” style=”simple”]L’area trentina conserva storicamente una fra le più importanti concentrazioni di sistemi difensivi realizzati dall’Impero austroungarico che hanno segnato pesantemente il territorio trentino, caratterizzandone spesso anche l’identità. Dei ben 510 forti costruiti su tutto il territorio dell’impero, come risulta da un recente studio promosso dalla Soprintendenza, circa un centinaio sono stati realizzati in terra trentina per consolidare il fronte verso il Regno d’Italia. L’iniziativa culturale conosciuta come “Progetto Grande Guerra”, avviata nel 2003 dalla Soprintendenza per i Beni architettonici e archeologici (allora Servizio Beni culturali) della Provincia Autonoma di Trento, con lo scopo di studiare, conoscere, recuperare e valorizzare i beni culturali nati attorno al grande evento bellico, ha la volontà di conservare tali manufatti per ricordare la nostra storia, perché essi abbiano ad essere un monito perpetuo perché tali accadimenti non abbiano più a succedere. Il Progetto ha avviato un’azione sistematica di recupero e valorizzazione delle testimonianze architettoniche presenti sul territorio trentino connesse con quest’evento e una campagna di censimento sistematico delle opere di fortificazione campale creando un Sistema Informativo Integrato, all’interno del quale le carte storiche georeferenziate da documento d’archivio diventano uno strumento tecnologico a servizio della catalogazione.[/su_spoiler]

Franco Nicolis – Ufficio Beni archeologici – Provincia autonoma di Trento
[su_spoiler title=”Archeologia della Grande Guerra in ambiente glaciale tra ricerca scientifica e memoria collettiva. Il caso di Punta Linke” icon=”caret” style=”simple”]Punta Linke con i suoi 3632 metri di altitudine fu uno dei centri nevralgici più alti e più importanti del fronte nel gruppo Ortles – Cevedale durante la Prima Guerra Mondiale. Dotato di un doppio impianto teleferico, era collegato da una parte al fondovalle di Pejo e dall’altra al “Coston delle barache brusade” verso il Palon de la Mare nel cuore del Ghiacciaio dei Forni. Il vicino rifugio Mantova al Vioz era allora la sede del comando di settore dell’esercito austro-ungarico. Sotto Punta Linke il ghiaccio ha conservato buona parte del sistema di apprestamenti che dovevano garantire il funzionamento dell’importante centro.
Dopo un primo breve intervento finalizzato alla definizione delle caratteristiche del sito e delle problematicità, sono stati condotti vari interventi di recupero delle strutture. Il metodo adottato è stato quello dello scavo archeologico, che garantisce una raccolta accurata e una corretta documentazione di quanto emerge dal ghiaccio.
Le evidenze messe in luce sono relative alle strutture e ai materiali legati all’attività della stazione di arrivo della teleferica, che alloggiava l’officina e i motori. Nella parte esterna si sono trovati accumuli di materiali pronti per il trasporto. Si tratta di attrezzature varie e parti di abbigliamento militari (copriscarponi, elmetti, badili, recipienti, ecc) e di elementi connessi al funzionamento delle strutture e degli ambienti legati alla teleferica. Oltre a questo è stata indagata anche una galleria artificiale scavata in roccia e permafrost. Il corretto recupero e la accurata documentazione di tali resti hanno permesso di restituire dei dati straordinari sulla vita in guerra a quelle altitudini così elevate e in contesti estremi. Ma non solo. La prossima estate si realizzerà infatti un itinerario della memoria in alta quota che consentirà il contatto fisico con gli ambienti che videro lo svolgersi drammatico di quei lontani eventi, attraverso una esperienza immersiva che creerà un impatto emotivo di grande effetto. [/su_spoiler]

[su_divider text=”Top”]