Massimo Quaini e i caratteri originali del paesaggio
Abstract
Quando Anna Guarducci mi chiese di scegliere uno scritto di Massimo Quaini, tra quelli di geografia storica, da commentare per queste giornate che il CISGE ha voluto dedicargli, non ho avuto esitazioni, la risposta si è formulata nella mia mente automaticamente, prima che avviassi una qualche valutazione: Per lastoria del paesaggio agrario in Liguria (QUAINI, 1973c), senza alcun dubbio. Si tratta di una scelta più emotiva, sentimentale, che razionale, vi sono sicuramente altri scritti dell’autore con una più esplicita valenza teorica e che possono quindi essere riguardati come “manifesti” della geografia storica; e tuttavia quel libro, donatomi dall’autore nel 1973 appena pubblicato, ha per me un particolare significato, perché è strettamente legato ai miei primi tentativi, avviati con la tesi di laurea terminata poco più di un anno prima, di fare della geografia storica e segnatamente studiare il paesaggio come processo storico-geografico. Quel libro ha così occupato sempre un posto particolare nella mia biblioteca, una presenza amica e rassicurante, collocato in uno scaffale basso, sempre a portata di mano, anche se da allora non l’ho più riletto fino ad ora: il rileggerlo oggi dopo tutti questi anni – quarantasette– alla fine della mia carriera, con la sua evocazione dell’inizio, con tutte le sue chiose e il suo corredo di ricordi e il suggerimento di bilanci, non è stato indolore. Mi corre dunque l’obbligo avvertire, per onestà intellettuale, che queste mie pagine non potranno avere la necessaria distanza storiografica dal loro oggetto: per la distanza che separa storia e memoria non a me spetta scrivere la storia di un tempo della nostra disciplina del quale sono stata testimone.

